L’evoluzione dell’alfabetizzazione digitale: dagli anni ’90 ai giorni nostri

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Negli ultimi trent’anni, l’alfabetizzazione digitale ha trasformato il nostro modo di apprendere, lavorare, comunicare e vivere. Negli anni ’90 poteva essere sufficiente essere abili nell’utilizzo dei programmi di scrittura o di calcolo, oggi queste competenze sono solo la base di un insieme molto più articolato di conoscenze.

Dalla capacità di navigare in sicurezza online alla padronanza dei software di collaborazione, l’alfabetizzazione digitale si è evoluta fino a diventare una competenza indispensabile per l’inclusione sociale e professionale. In questo articolo ripercorriamo le tappe principali della sua diffusione, analizzando dati aggiornati sulla situazione italiana e l’impatto che ha avuto anche sui percorsi educativi.

I primi passi negli anni ’90

L’alfabetizzazione digitale è partita negli anni ’90, quando i primi personal computer fissi sono apparsi nelle nostre case. Le scuole, spesso, non erano ancora dotate delle infrastrutture necessarie e le famiglie iniziavano a orientarsi sul dial-up per accedere a Internet.

In quel contesto, ci si sentiva parte di una rivoluzione solo accendendo il pc e iniziando a dialogare con la macchina, anche attraverso delle ricerche che erano ancora molto lente e con risultati limitati. La mail iniziava a diffondersi grazie a servizi come Libero Mail.

Nel 2000 la banda larga cambia tutto

Con l’avvento della banda larga alla fine degli anni 2000 e il diffondersi dei laptop, la prospettiva è cambiata: non si trattava più solo di usare il computer, ma di saper navigare in rete, creare documenti, e-mail, e blog.

Il Piano Nazionale Scuola Digitale, introdotto nella legge 10/2015, nota come “Buona Scuola, ha poi istituzionalizzato l’introduzione delle tecnologie nella scuola pubblica, dotando le aule di PC (almeno 1 ogni 7-8 alunni) e avviando un percorso di integrazione delle tecnologie sia nella didattica sia nei metodi di apprendimento.

L’alfabetizzazione digitale oggi

Negli ultimi dieci anni, l’alfabetizzazione digitale è diventata una competenza trasversale. Si è passati dal semplice “usare” software a saper valutare fonti online, garantire la propria sicurezza, risolvere problemi digitali: le cosiddette “competenze DigiComp”, sviluppate e diffuse non solo tra i giovani, ma anche tra le generazioni più mature.

L’Italia paga tuttavia un ritardo sugli investimenti e una mancata strategia efficace di educazione digitale: nel 2023 solo il 45,7% dei cittadini italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro una media UE del 55,5%. A dirlo sono i dati Istat contenuti nel rapporto “Cittadini e ICT”.

La forbice tra generazioni è evidente: il 61,7 % dei giovani tra i 20 e i 24 anni possiede competenze digitali di base, mentre solo il 19,3 % tra i 65 e i 74 anni. Il divario di genere e le differenze legate all’istruzione rimane marcato: il 77% delle donne tra i 25–54 anni con laurea possiede competenze digitali, ma questo valore scende al 26,4 % tra chi ha la licenza media.

L’alfabetizzazione digitale nell’istruzione

L’alfabetizzazione informatica è diventata una competenza trasversale nelle scuole di ogni ordine e grado, fino ai corsi universitari. L’alfabetizzazione digitale, unitamente alle competenze relazionali e sociali, costituisce un requisito necessario anche nei corsi di studi umanistici di livello accademico.

Leggendo una pagina web relativa alla laurea in psicologia dell’educazione si può notare come l’alfabetizzazione informatica sia uno dei fattori essenziali per l’accesso al corso e si può dire lo stesso anche di corsi come lettere, storia e filosofia, dove oggi è cruciale saper gestire piattaforme e-learning, fare ricerca online, usare strumenti digitali per analizzare testi.